Viaggio in Colombia 2023
“Com’è andata in Colombia?”
È questa la domanda che mi è stata fatta molte volte da quando sono tornata, tornata dal mio viaggio colombiano assieme a Francesco, Stefania e padre Stefano.
Se ci trovavamo assieme la dinamica era sempre la stessa “Frens, raccontalo tu che sei più brava!” un po’ per scherzo ma davvero è andata sempre così, ho raccontato molte volte com’è andata in Colombia agli amici, colleghi, parenti che mi hanno fatto la stessa domanda e la risposta iniziava sempre nello stesso modo “Beh innanzitutto quello che mi è stato subito chiaro è che non è stato un viaggio turistico” e così è stato. La nostra esperienza ma soprattutto la mia esperienza in Colombia è stato un viaggio attraverso me stessa fino al mio prossimo.
Siamo partiti dall'aeroporto di Milano Malpensa con l'entusiasmo di fare questa esperienza assieme, in una terra che per me era sconosciuta. Tranquilla ad avere con me Stefania (lei ha fatto un anno di servizio civile in Colombia, a Norcasia) che ci avrebbe aiutato con la lingua ma soprattutto con la cultura sudamericana che non è proprio di mia conoscenza…
Arrivati a Bogotà ho subito sentito la “pesantezza” dei 2900 metri di altitudine che un po’ mi hanno fatto fare fatica ma ai quali mi sono abituata in fretta, anche perchè siamo subiti ripartiti alla volta di Villa de Leyva, la base delle Ciudades de Dios dove padre Arcesio vive.
Padre Arcesio è un frate carmelitano che ha creato, oltre alle Ciudades de Dios, un ordine fratello ai carmelitani, i carmelitani di San José (S. Giuseppe) che vivono le loro giornate cercando di incarnare la regola “Orar, amar, servir” Pregare, amare e servire. Per quello che abbiamo visto e vissuto possiamo dire che è impossibile non notare questa triade nell'approccio che questi consacrati hanno con le persone. La preghiera come strumento per arrivare ad incontrare il prossimo, il povero, amandolo attraverso il servizio alle sue necessità, dandogli tutta la dignità che gli si deve.
Assieme a padre Arcesio abbiamo visitato la comunità di Villa de Leyva nella quale abitano a stretto contatto suore, frati, laiche di S. Josè, due case di riposo, un nido e una scuola materna, tutte unite in questa struttura che vuole ricordare un abbraccio (a ferro di cavallo). Queste realtà si “contaminano” a vicenda incarnando il carisma carmelitano e il vivere secondo la regola “orar, amar y servir”.
Il giorno dopo abbiamo visitato un’altra città di Dio a Chiquinquirà, ex studentato dove abitano alcuni frati carmelitani di S. Josè e dove si stanno avviando attività di aiuto ai poveri attraverso la distribuzione di pasti, abiti second hand, medicinali…
È bello vedere come queste città di Dio nascano in mezzo al paese, a stretto contatto con le persone per rispondere ad un bisogno che sul momento il paese richiede. Non sono isole privilegiate ma fanno parte del quotidiano e quasi si mimetizzano nell’ordinario per donarsi in modo straordinario alle persone che più hanno bisogno.
Continuiamo il nostro viaggio spostandoci a Norcasia, (dopo aver viaggiato “solo” 9 ore in macchina!) per conoscere per la prima volta un posto dove la nostra amica Stefania ci ha lasciato il cuore. È sempre bello vedere come i semi piantati nell’anno di servizio fatto hanno dato i loro frutti anche a distanza di tempo.. E spesso la gran parte di questi semi sono le relazioni, relazioni con la gente, che sono state coltivate per un anno non con il mero atto di dare un aiuto, una scatola di alimenti, portare il latte appena munto o le uova appena covate, ma con parole di conforto o di confronto rispetto alle paure della vita, all’incertezza del futuro, o alla condivisione delle gioie e delle conquiste quotidiane, ai traguardi festeggiati assieme, alla quotidianità condivisa… Tutto inciso indelebile nella mente, che anche se la lontananza ha un po’ sbiadito, basta ritrovarsi per riaccenderle!
Abbiamo incontrato molte persone e visitato tante case, entrando quindi anche nelle situazioni di precarietà che questo posto possiede, sempre con però una grandissima dignità da parte delle persone che ci hanno accolti.
Ci siamo poi spostati a Tadò a trovare la nostra amica Hermana Janeth! Se vi ricordate dalla newsletter dell’anno scorso, grazie a coRo*mania è stato acquistato un mototaxi per la suora e i suoi spostamenti nel paese! Ovviamente ci è venuta a prendere in piazza con il suo fiammeggiante mototaxi! Con tanto di logo di CoRo*mania! Pura emozione!
Con suora Janeth e con la comunità di suore carmelitane missionarie abbiamo vissuto a stretto contatto, condividendo pensieri e opinioni rispetto alle opere fatte in questo posto e non solo! Abbiamo ritrovato qui il nostro amico Arcesio assieme ad altri suoi confratelli con i quali abbiamo vissuto momenti di convivialità ma anche incontrando persone vicine alle suore.
Con Arcesio abbiamo inoltre potuto conoscere in modo più approfondito l'orazione carmelitana e la Missione delle Ciudades de Dios, ricevendo ufficialmente la croce ed entrando a tutti gli effetti a far parte della Ciudad de Dios itinerante! Anche questo è stato un momento molto emozionante che significa per me cercare di vivere nel mio quotidiano lo “stile” di queste città di Dio ma soprattutto il carisma: andare al povero, cercare il povero ed aiutarlo dandogli non solo ciò di cui ha bisogno ma soprattutto la dignità di essere umano.
Ci sarebbe tanto ancora da raccontare, io sono rimasta alla superficie di questa esperienza che per chi vorrà, sarò sempre disponibile a raccontare e a condividere a parole ma vorrei terminare questa mia testimonianza aggiungendo un’ultima cosa.
In questo viaggio noi quattro abbiamo lavorato sulla “Fratelli tutti” un’enciclica che non è capitata “a caso”! Perché come abbiamo potuto vedere, il caso, non esiste!
Ci siamo sempre presi un momento per stare assieme e leggere il capitolo terzo di questa enciclica ed è stata fonte di grandi discussioni e di consapevolezza di quanto siano vere queste parole del Papa “Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro”. Queste e tanti altri spunti ci hanno fatto molto discutere sulla fraternità, sul rispetto e sul dare dignità ad ogni fratello. Spesso è facile nella nostra posizione “di privilegio” dimenticare che nel mondo, dove siamo nati è solo questione di fortuna.
Grazie a questo viaggio mi sono trovata ad affrontare situazioni di discomfort, di inadeguatezza, di disagio fisico e di discussione con me stessa che mi hanno fatto capire che nella vita non ci si può mai sentire “arrivati”, che siamo individui che coabitano la casa comune con altri fratelli e che io sono responsabile anche di loro. Che non si sa come le condizioni attorno a me potranno cambiare nel tempo ma quello che conta è sempre mettersi in discussione e accettare che le cose non vadano come vorresti tu, che l’importante è non avere il letto comodo, o di non avere troppo caldo ma è come io rispondo a queste piccole situazioni, rendendomi capace di uscire da me stessa fino ad accogliere tutti.